venerdì 27 febbraio 2009

LO SPETTRO DEL DEBITO

UNO DEI PROBABILI EFFETTI DELLA CRISI DI QUESTI MESI È LA DESTABILIZZAZIONE DELL’EQUILIBRIO TRA ECONOMIA AMERICANA E CINESE. IN CONCOMITANZA COL CALO DELLA CRESCITA DI PECHINO I CREDITORI POTREBBERO BUSSARE PIÙ FORTE ALLE PORTE DEGLI AMERICANI, PRESENTANDO UN CONTO STAVOLTA DAVVERO SALATO.

L’economia statunitense è in recessione, e questo ha provocato negli ultimi mesi un rapido calo della crescita economica cinese. Già un anno fa gli indici azionari cinesi erano stati pesantemente colpiti dalla crisi finanziaria mondiale (la spiegazione più comune era che i cinesi avevano investito negli strumenti finanziari strutturati che erano al centro della crisi), ma la tenuta della crescita cinese aveva fatto pensare che questa potesse fare a meno degli USA: i dati più recenti fanno pensare il contrario, come era facilmente prevedibile.

INTERESSI COMUNI - Le relazioni economiche tra USA e Cina hanno avuto un rapido sviluppo nella prima decade del XXI secolo: con la recessione del 2000 e la seguente politica monetaria espansiva, gli USA hanno di fatto smesso di risparmiare, e hannoaumentato i consumi a livelli insostenibili nel lungo termine, sperando che l’apprezzamento continuo delle abitazioni potesse essere sufficiente per finanziare questi eccessi. I cinesi ne hanno approfittato per comprare montagne di titoli del Tesoro USAed esportare merci verso il mercato dei consumatori ossessivo-compulsivi. Di fatto, i cinesi ci mettevano i risparmi e gli USA i consumi. Ma comprare merci senza vendere altre merci significa comprare a debito: la controparte del boom consumistico USA è stata quindi una rapida espansione del deficit commerciale e un rapido aumento deldebito commerciale con il resto del mondo. Allo stato attuale, gli USA hanno 20,000 miliardi di dollari di debiti col resto del mondo, e 17,600 miliardi di crediti. In pratica, hanno 2,400 miliardi di debito netto, una cifra che aumenta di 200 miliardi l’anno per via dei nuovi acquisti a debito (deficit commerciale). Tutto questo ha aiutato di molto lacrescita economica cinese: investire in Cina oggi significa investire in un paese dove la produzione costa poco, per poi vendere in un mercato pressoché illimitato dall’altra parte del Pacifico. I cinesi con i loro risparmi consentivano il finanziamento del deficit USA, e questa offerta di credito ha tenuto bassi gli interessi USA per praticamente un decennio; vista dall’altra parte dell’Oceano, la fortissima domanda di consumo USA ha aumentato i rendimenti degli investimenti in Cina, consentendo una rapida espansione industriale.

FINE DEI GIOCHI? - Prendete nota: i bassi tassi USA sono un merito (soprattutto) del risparmio cinese; gli alti rendimenti sugli investimenti cinesi sono un merito (anche) dei consumatori americani. Una stranezza di tutto ciò è che - nonostante un rapido aumento dell’indebitamento con l’estero - gli USA hanno un reddito positivo dalle loro transazioni finanziarie con l’estero. La cosa è apparentemente impossibile: uno si riempie di debiti, e guadagna interessi? Semplicemente, il debito estero USA è fatto di titoli del Tesoro: 100$ di debito al 2% significa un costo annuo di 2$; d’altra parte, il credito estero USA è composto di investimenti industriali diretti (FDI), che rendono molto di più: 70$ di credito al 3% consentono un ricavo annuo di 2$. Le due cose si compensano. L’anno scorso, quando ancora la crisi era di là da venire, avevo notato una gravissima falla in questo equilibrio: il basso rendimento dei titoli USA dipende dai risparmi cinesi, e l’elevato rendimento dei crediti USA dipende dalla salute del resto del mondo, che a sua volta dipende dalla domanda USA! La mia intuizione del 1 Febbraio 2007 rischia di diventare realtà? Al momento sappiamo che la Cina non si è affatto disaccoppiata dagli USA, e la cosa era prevedibile. Ora facciamo due ipotesi. La prima è che la recessione cinese riduca i risparmi cinesi e quindi la loro capacità (e del resto del mondo) di finanziare l’economia USA. Questo implica che i tassi di interesse USA dovranno aumentare (per carenza di credito) o comunque che sarà molto più difficile tenerli bassi (più interventismo monetario, più inflazione: gli USA dovranno ridurre di molto i consumi se vogliono mantenere gli investimenti allo stato attuale senza il contributo di risparmi cinesi). La seconda ipotesi è che la recessione USA riduca la domanda di merci estere USA e quindi renda meno conveniente produrre in Cina, riducendo quindi i rendimenti degli investimenti esteri.

USA IN BILICO - Questi due effetti impatterebbero negativamente l’economia USA attraverso due canali. Il canale diretto è che gli USA, con meno credito da investire, dovranno ulteriormente ridurre consumi e/o investimenti. Il canale indiretto è che il debito commerciale USA comincerà a trasformarsi in un pagamento netto di interessi verso il resto del mondo: tanto debito ad interessi in crescita, e poco credito a rendimenti in discesa significano un flusso di reddito netto dagli USA al resto del mondo. Anche trascurando eventuali complicazioni, come un nuovo panico finanziario USA, una serie di riforme protezioniste che danneggino ulteriormente il commercio internazionale (come il famigerato Smoot-Hawley nel 1930) e rivolte di massa nella Cina non più anestetizzata dall’elevata crescita, quanto c’è in ballo? Un 1% in più sul debito USA significano 200 miliardi di dollari da pagare. Un 1% in meno sul credito USA significano 180 miliardi di dollari da pagare. Gli USA rischiano di trovarsi a dover quindi trasferire verso l’esterocentinaia di miliardi di dollari l’anno. Diciamo che il resto del mondo tiene il consumatore americano per le palle: questo auto-proletarizzato che vive da oltre un decennio di capitali altrui si trova in condizioni critiche. Tutto dipende dalla volontà estera di elargire ancora credito. Il più grande hedge fund del pianeta, gli USA, non è ben diversificato ed è esposto a rischi consistenti.

(GIORNALETTISMO)


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