giovedì 26 marzo 2009

Ecco come funziona l’invecchiamento, e come rallentarlo










Dagli organismi più semplici come i lieviti ai mammiferi, tutti gli esseri viventi hanno almeno una cosa in comune: il meccanismo dell’invecchiamento. Questa in sintesi l’eccezionale scoperta di uno studio, che viene pubblicato il 28 novembre sulla rivista Cell, ad opera di David Sinclair, professore di patologia della Harvard Medical School e del team di scienziati da lui guidato. La ricerca mostra come un danno al Dna invalidi le capacità della cellula di regolare in maniera appropriata quali geni devono essere attivati e quali disattivati in particolari contesti. E questo meccanismo sarebbe universalmente responsabile del processo di invecchiamento.”Scoprire che l’invecchiamento nella semplice cellula di un lievito ha una diretta relazione con l’invecchiamento dei mammiferi è davvero una sorpresa”, ha dichiarato Sinclair.


Già da tempo gli scienziati sapevano dell’esistenza delle sirtuine, un gruppo di geni coinvolti nel processo di invecchiamento. Questi geni, appropriatamente stimolati con il resveratrolo, sostanza contenuta nel vino rosso, o con una restrizione calorica nella dieta sembrano avere un effetto positivo sia sull’invecchiamento sia in generale sulla salute. E quasi dieci anni fa Sinclair e i suoi colleghi del laboratorio di Leonard Guarente al Massachusetts Institute of Technology avevano scoperto che una particolare sirtuina nel lievito condizionava il processo di invecchiamento in due modi: aiutando a regolare l’attività dei geni nelle cellule e riparando i danni del Dna. Ma man mano che i danni nel Dna si accumulavano la sirtuina non riusciva più a regolare l’attività dei geni e si facevano largo i sintomi dell’invecchiamento. “Per dieci anni si è pensato che il fenomeno osservato nei lieviti valesse solo per i lieviti”, ha dichiarato Sinclair. “Ma noi abbiamo deciso di verificare se lo stesso processo avviene anche nei mammiferi”.


Si è così scoperto che nei mammiferi la funzione primaria della sirtuina consiste nel controllare i geni che non devono essere attivati e assicurarsi che restino silenti. Ma quando si verifica un danno al Dna, causato per esempio dai radicali liberi, le sirtuine abbandonano la loro postazione di controllo e contribuiscono al meccanismo di riparazione del Dna nel punto in cui questo è danneggiato. Nel frattenmpo può succedere che i geni che avrebbero dovuto restare inattivi si “accendano”. In condizioni normali le sirtuine dovrebbero essere in grado di tornare in posizione in tempo per ingabbiare nuovamente i geni ribelli prima che questi causino danni permanenti. Ma nei topi si è osservato che con l’invecchiamento la frequenza dei danni al Dna aumenta e così le sirtuine devono abbandonare la loro guardiola più spesso. Di conseguenza la “deregulation” dell’espressione genica diviene cronica.


“Allora ci siamo chiesti: cosa succederebbe se introducessimo più sirtuina nei topi?”, racconta un ricercatore. “La nostra  ipotesi era che con più sirtuine la riparazione dei danni al Dna sarebbe stata più efficiente e il topo avrebbe mantenuto un’espressione genica ‘giovanile’ più a lungo”. Così è stato e la conseguenza sperabile di questa scoperta è che si possano in futuro mettere a punto farmaci in grado di stabilizzare la ridistribuzione delle sirtuine nel tempo.
Gli autori dello studio concludono ottimisti: “attraverso questa ricerca abbiamo dimostrato che alcuni elementi dell’invecchiamento sono reversibili”.







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